
Come uscire più consapevoli e felici dalla Fashion Revolution Week
Dal 23-28 aprile 2018 abbiamo deciso di aderire alle iniziative del movimento Fashion Revolution organizzando da FIL GOOD degli incontri per riflettere e confrontarci sul tema della moda sostenibile.
1° e 2° Giorno “Be curious”
24 aprile, ospiti Federica e Francesca di RE-GENERATION, per parlare della moda sostenibile dal punto di vista del consumatore.
26 aprile, ospiti Laura (Fashion Revolution Italia) e Camilla (Carotilla), consumatrici consapevoli, che lavorano quotidianamente per diffondere un approccio sostenibile alla moda.
Questo è quello di cui si è parlato:
“abbiamo visto un documentario che ci ha veramente stupito e che vi consigliamo: The True Cost”. Il documentario denuncia i danni che il settore dell’abbigliamento sta provocando sia a livello sociale che ambientale”
“la moda è la seconda industria più inquinante dopo quella petrolifera. La moda è questo, ed è assurdo.. è veramente assurdo!”
Un altro problema riguarda senza dubbio le condizioni di lavoro di chi produce i nostri vestiti: il movimento Fashion Revolution è nato proprio a seguito del crollo di una fabbrica tessile che ha provocato la morte di 1.129 persone e più di 2.500 feriti. (Rana Plaza, Dacca, Bangladesh. 24 aprile 2013). Inquinamento e sfruttamento sono frutto di un fenomeno in realtà relativamente recente, il Fast Fashion, ma che sembra si sviluppi esponenzialmente e che non si possa arrestare.
L’acquisto deve avere alla base una certa consapevolezza.
“è come se ti svegliassi in un attimo e dicessi ‘che cosa ho fatto fino ad adesso?’ però è vero.. anche se sapevo che la qualità non era buona è come se non lo sentissi veramente”
“dobbiamo provare a rallentare le cose, a fare alla vecchia maniera. Fare più attenzione alle vere necessità.”
Mi serve veramente quello che sto acquistando o posso farne a meno? un’amica/sorella/collega.. può prestarmi il top di paillettes che metterò solo a quella festa e mai più? posso rubare dall’armadio della mamma/nonna quel capo che sembra nuovo perché fatto bene, come si faceva una volta? posso valutare l’acquisto di un capo second-hand, ridandogli nuova vita? prima di buttare qualcosa ho provato a rinnovarlo/aggiustarlo?
(Parentesi bimbo: i bambini crescono in fretta e il ricambio di abiti è rapido; questo non deve però giustificare l’acquisto di capi di bassa qualità.. ricordiamoci che ciò che è dannoso per noi e per l’ambiente lo è ancor di più per loro. Ci sono tante alternative, valide anche per evitare l’accumulo di vestiti poco sfruttati: proprio perché i bambini indossano i vestiti per poco tempo se ne possono trovare di usati praticamente nuovi, rimane valido inoltre il friend-sharing, lo scambio con amici/parenti)
“io penso: quanto mi durerà questo? Fino a quando lo potrò mettere?”
Un acquisto può definirsi sostenibile se sai che potrai indossare il capo almeno 30 volte.
Attenzione! Non è una regola per giustificare qualsiasi tipo di acquisto, perché l’impatto maggiore di un capo è nella fase di utilizzo non di produzione, quindi un indumento realizzato con materiali/tinture dannosi continuerà ad impattare negativamente ad ogni lavaggio.
Scegliere un capo di qualità è una garanzia di durata, cosa positiva sia per l’ambiente che per il portafoglio.
“anche se all’inizio può sembrare una rinuncia, in realtà poi la tua vita migliora”
“è un cambio di cultura non da poco”
“i miei amici si lamentano.. ‘questo non lo posso prendere, qui neanche.. ma allora cosa mi posso mettere?’ ‘intanto quello che hai già nell’armadio, smettila! Informati! Ci sono tante alternative, tanti piccoli artigiani, è il momento di crederci. Non è una questione di spender tanto o spender poco, bisogna fare uno shopping più ragionato”
“non ero un consumatore consapevole, ma non perché non mi interessasse.. non ero informata, nessuno mi aveva detto cosa c’era dietro”
Per fortuna qualcosa sta cambiando, tante persone si stanno informando e iniziano a chiedersi cosa ci mettiamo addosso.
“all’inizio era Fashion Revolution Day, nel 2015, e si proponeva l’iniziativa inside-out, ovvero girare il capo al contrario e chiedere ai brand ‘who made my clothes?’..poi la cosa si è evoluta ed è diventata un’intera settimana, per l’esigenza di parlarne di più..”
Sempre più consumatori ora vogliono cambiare il proprio approccio alla moda ed è importante notare che anche le grandi aziende si stanno muovendo in questa direzione; alcuni hanno creato una linea “green”, “conscious”.
Molto simile a ciò che è accaduto nel settore alimentare con il “biologico” questo movimento sottolinea il potere che abbiamo, come consumatori, di cambiare le regole del mercato; è una causa alla portata di tutti.
Ci vuole però attenzione e spirito critico per distinguere se si tratti di un vero cambiamento o solo di un’azione di marketing
“ci sono molte aziende che ti stimolano a riciclare, a portargli le cose che non usi più.. però loro in cambio ti danno un buono per acquistare ancora qualcosa. Il problema ragazzi è che ci stiamo riempiendo di immondizia!”
“la moda etica non deve essere una moda, non può esserlo, è una scelta per noi e per il futuro!”
È doveroso informarsi (tramite FashionRevolution, GreenPeace, documentari come The True Cost o River Blue ecc..) su come si muovono le aziende e chiedere loro trasparenza. Una recente iniziativa di Fashion Revolution è “love story”: scegliere un capo del proprio armadio che abbiamo messo per anni e che continuiamo a mettere volentieri e raccontarne la storia. È questo l’approccio che dovremmo avere con tutti i nostri capi: non ridurli a meri oggetti usa e getta ma dargli il giusto valore e prendercene cura, sapendo considerare tutto ciò che ci sta dietro.
3° Giorno “Find out”
27 aprile, un aperitivo inside-out, abbiamo indossato i nostri indumenti al contrario, take action.

4° Giorno “Do something”
28 aprile, un corso base di ricamo con Teresa Zaja per capire come il ricamo può dare nuova vita ad un capo dimenticato nell’armadio
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